Claudia Palombi, romana, si laurea con lode al DAMS di Bologna. Lavora alla Rai quale attrice, regista, ideatrice di programmi culturali e conduttrice di dirette radiofoniche. Studia recitazione con maestri internazionali – Grotowskij, Barba, Ennosuke III – è attrice e regista nei teatri, docente di tecniche espressive fisiche e vocali in corsi CEE, coach di attori. È ideatrice e coordinatrice del Premio Bianca Maria Pirazzoli per attrici e scrittrici, giunto alla 3a edizione, e del Premio Lirica Luciana Palombi, 1a edizione 21/23, per aspiranti cantanti liriche. Dalla tesi a pieni voti nasce Il gergo del teatro (Bulzoni 1986); segue Ermete Novelli (Guaraldi 1994), Fa-Re teatro nella scuola e Argante, Bea e gli altri (Armando 1998). In seguito scrive fiabe, filastrocche e pièce per bambini e traduce dal francese saggi sul teatro. Pubblicazioni recenti per Giunti 2021: il romanzo per ragazzi L’enigma della casa (1° Premio al Concorso “Città Di Grottammare” 2022) e la riedizione di Gloria Muccalesta Superstar. Dal 2018 si dedica più intensamente alla poesia, vincendo numerosi premi, da cui la silloge Nel seno del tempo (SwanBook 2019). Segue per puntoacapo Editrice (dic. 2022) la sua seconda silloge Varchi nell’oblio che, da inedita, è risultata 1a classificata al Premio Montefiore 2022. È giurata in vari premi, quali: Concorso Letterario Città di Grottammare-Franco Loi- Presidente On. Dacia Maraini, Premio Letterario Internazionale Francesco Giampietri e altri.
L’abbiamo intervistata per voi.
Ciao Claudia. È davvero un grande piacere poterti intervistare per la pagina culturale Poesia Femminile Singolare, espressione di un collettivo creato dalla poetessa Alessandra Prospero ben undici anni fa. Leggendo la tua biografia abbiamo compreso che la frase pucciniana “Vissi d’arte, vissi d’amore” ben ti si addice. Ci racconti come quella bambina che correva tra le poltrone di velluto rosso, per poi nascondersi nella fossa d’orchestra, si sia evoluta in quella straordinaria e poliedrica artista che conosciamo? Quali sono le tappe fondamentali del tuo lungo excursus artistico?
Ciao Luciano! Sono molto felice di questo dialogo con te e ti ringrazio di avermi pensato, così come ringrazio Poesia Femminile Singolare e Alessandra Prospero per questo spazio creativo. E lo è davvero, perché già da questa tua prima domanda mi sembra di stare costruendo con te un serissimo gioco, la cui linea di partenza potrebbe essere quella tracciata dal gessetto sul selciato (spesso era un sasso a scrivere) e invece è quella linea di demarcazione, a volte molto evidente, altre sottile, tra palcoscenico e platea. Ecco, io non ho avuto quel limite, io avevo la chiave invisibile per avere accesso a ogni pertugio di quel mondo magico. Unica regola: farne parte. Non si può disturbare il “lavoro” in teatro, nemmeno da bambini. Per questo è un gioco serissimo. Si può solo giocare “dentro” al giocattolo. E così imparare, ripetere, rubare, fantasticare su personaggi e musiche. E l’ho fatto tanto, prima da sola, poi insieme ad altri figli di cantanti lirici, poi il nostro primo spettacolo in un teatro di prosa, poi l’esame di qualcuno all’Accademia Silvio D’Amico, poi non è più un gioco. È diventato lavoro anche per me, conservando tutta la magia del gioco, beninteso.
Claudia tu hai avuto la fortuna di avere maestri straordinari tra i quali è doveroso citare Zigmunt Molik, RoyBosier, Andrzej Leparsky, Olli Hauenstein, Carla Muzzioli Cocchi, Dagmar Lorenz, Torgeir Wethal, Ichikawa Ennosuke III, Eugenio Barba. Qual è stato il loro ruolo nella tua crescita artistica?
Sei riuscito a citare veramente tutti i maestri importanti per la mia formazione. Aggiungo, ripartendo dalla bambina, che la prima maestra è stata mia madre. Ho guardato con attenzione per ore la sua preparazione di trucco, costume, respiro, vocalizzo… personaggio infine! Grande scuola. E poi Fabrizio Cruciani, professore all’Università DAMS, maestro di teatro e di vita. È stato lui a portare alcuni di noi studenti in Polonia; lì ho incontrato per la prima volta Grotowskij, tra i cui attori Zigmunt Molik, il migliore per l’uso della voce, è stato illuminante. Di Roy Bosier, svizzero tedesco, ho frequentato la scuola di mimo e clownerie a Roma, e poi a Bologna è stato insegnante e coreografo per alcuni di noi; Leparsky, altro polacco, grande insegnante di mimo; Olli, da Budapest, importante per la piccola acrobazia; Carla e Dagmar, due donne meravigliose, capaci di trasformare i nostri blocchi e insicurezze in gesti espressivi, un percorso che aiuta a conoscere se stessi per sciogliere conflitti ed elaborare poi una efficace comunicazione con il pubblico. La disciplina, insegnamento di tutti; in particolare Ichikawa Ennosuke III mi ha mostrato come “entrare in parte a tempo zero”. Eugenio Barba è uno dei più grandi Maestri di Teatro viventi, lo frequento ogni volta che posso; e grande il suo compianto attore, Torgeir Wethal, generoso insegnante di regia e onestà scenica.
Abbiamo parlato di maestri e di scuola di recitazione. Personalmente rimango molto colpito nella bravura che hai nel leggere le tue e le altrui composizioni. Tu che insegni dizione, ci spieghi l’importanza delle tecniche di respirazione e della mimica facciale durante la performance teatrale?
Bene, cenni sull’universo. No, scherzo! Partiamo dalla mimica. In teatro bisogna arrivare lontano, amplificare gesti e mimica. Altrettanto importante tuttavia è il “neutro”. Non bisogna caricare l’espressione laddove non è necessario. Ci sono esercizi per ogni tecnica. Quelli per la respirazione sono basilari e andrebbero fatti quotidianamente. Il fiato non deve mancare mai, deve abitare il nostro corpo, diventare suono passando dalle corde vocali, mai “scaricare” il serbatoio, anzi riempirlo nelle pause, grazie alla punteggiatura. Nella lettura: tenere il ritmo e guardare negli occhi chi ascolta, canalizzare.
Nel corso degli anni hai pubblicato saggi, favole testi teatrali, poesie ed hai tradotto libri dal francese. Spero di non dimenticare nulla… Quanto è difficile scegliere il linguaggio appropriato per ciascun tipo di testo? A volte il significante può essere un vestito troppo stretto o troppo largo per il significato?
Hai colto nel segno. Tanto difficile. Io mi sento molto narratrice, pertanto i saggi di teatro mi sono andati stretti da subito. Per fortuna il mio Maestro approvava la mia impostazione “romanzata”; importante è sempre solo l’informazione corretta, e questo è facile, per un topo di biblioteca come me. Ovvio quindi che rivolgermi ai bambini è stato un passaggio gratificante. Tuttavia le fasce di età vanno rispettate, e più il fruitore è piccolo, più l’abito dello scrittore è scomodo: meno parole, però scrittura mai banale, sempre qualità ma accessibile, metrica e rime solo in alcuni casi, ma allora l’assonanza non va bene… Ah, quanta attenzione, quante riletture! E tuttavia se la libertà è troppa si rischia di straripare. Dobbiamo sempre tenere presenti le griglie di Calvino.
Ora mi voglio focalizzare su Claudia e la poesia. Tu scrivi sia in lingua che in dialetto, a prescindere dalle ovvie differenze linguistiche, quanto differiscono, nel contenuto, le tue liriche in italiano da quelle in romanesco?
Molto. La scrittura in romanesco è entrata nella mia vita, anzi, uscita dalle mie vene, solo da pochi anni. La poesia in lingua c’è da sempre. In italiano ho studiato ed esplorato molto di più; in romanesco sono tornata bambina e sto crescendo con il tempo dovuto. Per questo quando sono in giuria consiglio di essere attenti a non fare, col vernacolo, il “come eravamo”; perché è la prima cosa che succede, è un ritorno alle origini. Nulla di male se poi diventa una ripartenza, un nuovo modo di vedere e sentire. Man mano che le due anime s’incontrano i contenuti si avvicinano, lo sguardo sul mondo si amplia, diventa quel raro e meraviglioso doppio arcobaleno.
Sei risultata spesso tra i finalisti e i vincitori di importanti concorsi letterari. Secondo me sono un’occasione per mettere in circolo la propria arte e conoscere chi ha le stesse nostre passioni e i medesimi obiettivi. Quanto s’impara dalla competizione? Questo te lo chiedo perché sei l’ideatrice e l’organizzatrice del Premio Nazionale Bianca Maria Pirazzoli rivolto ad aspiranti attrici e scrittrici teatrali e del Premio Nazionale Lirica Luciana Palombi per cantanti liriche, dedicato a tua madre.
La penso come te sui concorsi, sono un’occasione di scambio e conoscenza reciproca in un campo d’azione che frequentiamo con passione. La competizione è prima di tutto con me stessa e un concorso spesso mi stimola a produrre o a riscrivere, mentre l’ascolto e la lettura dei migliori mi arricchisce sempre. Grazie di aver ricordato i due Premi che ho istituito: nascono in memoria di due grandi donne di Teatro e per aiutare le giovani artiste, come loro facevano, in prosa e in lirica, perché trovare spazio femminile in arte, ancora oggi, non è facile.
Kandisky affermava :”l’arte è un segreto che parla attraverso un segreto, una volontà di giungere ad un’interazione tra arti”. Questo ci sembra piuttosto evidente se prendiamo in considerazione la musica lirica, può valere anche per altre discipline come ad esempio la poesia e la fotografia? Tu sai che questa domanda non è casuale…
Questa domanda mi è arrivata come un sussurro che si unisce ad altri bisbigli, che prende corpo nella prosa e canta nella lirica; la quale, prima di fissarsi come operistica già nell’antica Grecia era poesia lirica, citarodica o aulodica, a seconda se venisse accompagnata da suono di cetra o di flauto. Invece i frammenti dei lirici, i poemi, i canti ci sono tutti pervenuti con le sole parole, finché finalmente la notazione neumatica, poi il pentagramma, ci hanno trasmesso la musica. Oggi abbiamo la possibilità di usare tanta tecnologia, possiamo essere politecnici, multiformi, riprodurre… Pensavi a Giovanni, vero? Giovanni Moretti fotografo artistico e di teatro, mio consorte, e meraviglioso collaboratore in quasi tutte le iniziative. Anche video poesie. Le arti si parlano tra loro, sono in connessione come le parti del corpo umano, quando mi ascolto anche una sola parola nasce come immagine, mi canta dentro, ritma e palpita; e quando è scritta, poi va detta. Come indica Emily Dickinson, “solo in quel momento comincia a vivere”.
Claudia in cosa sei impegnata ora e quali sono i tuoi progetti futuri?
Sono impegnata, diciamo così, visto che parlo a un professore, nel chiudere questo anno accademico, giurie e Premi. Poi, immersa nella natura, parecchie letture verranno con me, e diversi file nel computer mi aspettano per andare avanti.
Ti ringrazio immensamente per il tempo che mi hai gentilmente concesso e Alessandra Prospero che mi ha permesso di realizzare questa intervista alla quale tenevo molto. Vuoi salutare Alessandra e i lettori di Poesia Femminile Singolare?
Sono io a ringraziare te, caro Luciano, per il percorso che mi hai fatto fare, di buon passo ma senza correre, per questa volta, tra i sentieri della creatività. Grazie Alessandra e PFS, è sempre un piacere visitare questo giardino.