di Valter Marcone
Sembrano numeri della Smorfia napoletana per le puntate del gioco del Lotto , messi là a interpretare un sogno, a raccontare una storia intravista nel dormiveglia, insomma una intuizione di quelle notturne attorno alle quali la coscienza vigile del giorno successivo lavora incessantemente questa volta allo scoperto. E spesso quel lavorio porta a grandi risultati. Albert Einstein ha spesso parlato di come le sue idee sulla relatività fossero influenzate da sogni e pensieri inconsci. Friedrich August Kekulé ha avuto la visione della struttura del benzene, che consiste in un anello di atomi di carbonio, dopo aver sognato un serpente che si mordeva la coda.
Addirittura a proposito di Yesterday per esempio Paul McCartney raccontò così della genesi del brano: “Una mattina di maggio del 1965 mi svegliai con una musica deliziosa in testa. Quando la canzone mi è venuta in mente ho chiesto ai miei amici: “Lo conosci? È un buon motivetto, ma non l’ho scritto. L’ho sognato”. Oppure il premio Nobel per la medicina Otto Loewi che scoprì in sogno le basi della teoria che avrebbe cambiato la storia della medicina: cioè che le informazioni vengono trasmesse chimicamente, attraverso i mediatori chimici attivi. Senza pensare che un’opera intera, tra l’altro famosissima, inneggia alla vita come sogno ; mi riferisco a Calderon della Barca che scrive nel 1635 un dramma proprio dal titolo “La vita è sogno”, capolavoro teatrale ma anche riflessione filosofico-teologica. Forse con una nota di pessimismo perché secondo l’autore tutto ciò che l’uomo vive è un’illusione anche se poi questa illusione, specialmente quella che fa vivere i nostri sogni sia da svegli che da addormentati, ha portato a grandi risultati . C’è chi ha contato che ci sono almeno dieci sogni che hanno modificato dal passato ad oggi la nostra vita per le invenzioni che hanno prodotto come per esempio da ultimo Google , il motore di ricerca che tutti noi usiamo e spesso con profitto per le nostre esigenze di ricerca in ogni campo e settore. .
Ma dicevo sembrano numeri della Smorfia quelli della struttura metrica del sonetto che fa riferimento ai numeri 14 ,la quantità dei versi, 11 ,la quantità delle sillabe di ciascun verso, ideato da Jacopo da Lentini alla corte di Federico II di Svevia con lo zampino del matematico Leonardo Fibonacci che era ospite della stessa corte .
Numeri arabi, romani, complessi , primi , che sono l’abc della matematica, del sapere scientifico , che hanno alle spalle una lunga storia di commistioni con la scienza tanto che già intorno al 300 a.C. la matematica era la cosa più vicina alla scienza che il mondo avesse mai visto. Una storia che vede oggi un tentativo di separazione come materia di studio dalle cosiddette materie umanistiche stando ai programmi di insegnamento nella scuola attuale.
Il poeta Leonardo Sinisgalli (1908-1981), nell’articolo “Natura calcolo fantasia” del 1951 scriveva: “La Scienza e la Tecnica ci offrono ogni giorno nuovi ideogrammi, nuovi simboli, ai quali non possiamo rimanere estranei o indifferenti, senza il rischio di una mummificazione o di una fossilizzazione totale della nostra coscienza e della nostra vita. […] Scienza e Poesia non possono camminare su strade divergenti. I Poeti non devono aver sospetto di contaminazione. Lucrezio, Dante e Goethe attinsero abbondantemente alla cultura scientifica e filosofica dei loro tempi senza intorbidare la loro vena. Piero della Francesca, Leonardo e Dürer, Cardano e Della Porta e Galilei hanno sempre beneficiato di una simbiosi fruttuosissima tra la logica e la fantasia.”
Ed è questo allora il tema della nostra riflessione con un particolare sguardo ad una materia che tutti abbiamo studiato a scuola, che tutti consideriamo difficle ed ostica ma che spalanca in realtà, a cominciare proprio dal suo “dizionario” di termini ,splendidi paesaggi concettuali e veri e propri cammini della Storia e della vita. Mi riferisco per esempio ancora alla matematica delle cantiche della Commedia di Dante Alighieri, alla descrizione della natura fatta da Galileo Galilei con la natura vista come un libro di matematica , alle Avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis, ai racconti matematici di scrittori come Calvino, Buzzati , Mc Ewan, Eco, Asimov, Borges .
Un bel parterre che ha fatto onore ad una disciplina come la matematica che ha una storia lunga come accennavo e una serie di commistioni . Quella con il corpo umano. Perché come succede ancora oggi si usano spesso le dite della mano per fare conti , specialmente da parte dei ragazzini a scuola per sommare e moltiplicare. Come facevano i nostri lontani progenitori all’inizio della nostra civiltà per esempio in Mesopotamia . Quella con il commercio quando m all’inizio della nostra civiltà come già accennavo bisognava avere il conto delle risorse alimentare immagazzinate per poter amministrare ragionevolmente la vita in comune . E ancora con la teoria musicale dove è vero che il silenzio conta molto ma contano anche i numeri ovvero la quantità delle battute per ogni singola nota al fine di disegnare armonicamente un motivo, una melodia Insomma una matematica dai mille volti fino ai giochi : dalla logica, alla statistica , dalla ricerca operativa al calcolo combinatorio, dal controllo dei sistemi automatizzati, alla trasmissione dei dati dai satelliti
Accennavo ad un problema , quello della separazione, a volte anche netta, tra materie letterarie e materie scientifiche , come avviene in molti casi nell’insegnamento. Ovvero in una scuola che non riesce a tracciare delle linee di scambio , a condividere i punti di intersecazione e quindi isola temi, problemi e concetti che potrebbero essere efficacemente analizzati attraverso scambi proficui tra quelle che noi definiamo materie letterarie e materie scientifiche.
In tema di scambi tra poesia e chimica ricordo per esempio l’opera meritevole di Alberto Cavaliere con il volume recentemente ristampato da Mursia dal titolo “H2O Chimica in versi “ di Alberto Cavaliere, “ Chimica in versi distillati per chi a scuola/ fra atomi ed elementi /studiò la chimica tra pianti e tormenti “. un revival grazie alla costanza e all’impegno di Alberto Cavaliere che tutto quello che diceva era “verso in endecasillabi “. Sul sito web di questo uomo di cultura, personaggio eclettico e poeta della chimica, l’home page ci accoglie così : “Poi ch’era ancor più arida nella calura estiva, io m’ingegnai di rendere la chimica più viva. “Tutto qui direte voi. La lunga biografia ci dice che Alberto Cavaliere nacque a Cittanova (Reggio Calabria) il 19 ottobre 1897 .Studiò dapprima nel collegio di Montecassino, da dove a tredici anni fu espulso per aver scritto satire contro i professori; poi nel Collegio nazionale di Torino. Iscritto controvoglia alla facoltà di chimica dell’università di Roma dimostrò di essere un “ bizzarro verseggiatore “ compilò un libro famoso, Chimica in versi-rime distillate (Napoli 1921; 2 ed., Bologna 1928), continuato poi con Chimica organica in versi-rime bidistillate (Bologna 1929), Ma scrisse anche poesie di pregiata fattura raccolte in sillogi .
Ecco la chilometrica sequenza degli alcool che forse insegna anche a fare il vino, quella bevanda scoperta da Noè e che per Cavaliere “ abbellisce agli uomini /l’inconcludente vita,/ ardenti sogni suscita /e con bontà squisita “!
ALCOOL ETILICO (Spirito di vino)
N’è semplice la formula:
C2H5 (etile),
a cui s’attacca – è logico –
il solito ossidrile.
S’ottiene nell’industria
dalla fermentazione
del semplice glucosio,
il quale si scompone
sotto la catalitica
azione di fermenti,
enzimi, che si formano
da cellule viventi.
Gli enzimi son moltissimi;
varian secondo i casi;
quello che forma l’alcool
ha il nome di zimasi.
L’anidride carbonica,
nel corso del processo,
si svolge dal glucosio,
insieme all’alcool stesso:
non è perciò da escludersi
che nelle sue cantine
qualche inesperto enologo
possa trovar la fine.
Poiché s’ottiene d’alcool
acquosa soluzione,
dopo lo si purifica
mercè distillazione;
si può in tal modo giungere
a un alcool concentrato,
non tuttavia purissimo:
dall’acqua è accompagnato.
Per aver l’alcool anidro,
che chiamasi assoluto,
ridistillar necessita
quello testé ottenuto,
con l’ossido di calcio
mettendolo a contatto:
dopo, il calcio metallico
lo disidrata affatto.
D’odor assai gradevole,
senza colorazione,
con l’acqua esso si mescola
in ogni proporzione:
anzi, se a tal proposito
un po’ dubbiosi foste,
potreste assicurarvene
chiedendolo ad un oste.
Se come combustibile
s’adopra, lo s’inquina
con certi corpi estranei,
come la piridina,
per renderlo imbevibile;
ma qualche sciagurato
tracanna anche quest’alcool,
così denaturato.
Se puro, è assai venefico,
ma stando un poco accorti
e alquanto diluendolo,
resuscita anche i morti,
onde il liquore bacchico,
dai tempi più remoti,
ha sempre innumerevoli
legioni di devoti.
Di… vino alcool etilico,
magnifico demonio,
materia in cui l’idrogeno,
l’ossigeno e il carbonio
non sono aridi simboli,
ma con sapiente giuoco
son diventati… spirito,
luce, fragranza, fuoco,
tu che abbellisci agli uomini
l’inconcludente vita,
che ardenti sogni susciti
e con bontà squisita
uguagli al ricco il povero
e l’ignorante al dotto,
tu, tu sei dell’organica
il principal prodotto!
Sembra che le due culture scientifica ed umanistica siano destinate a contrapporsi anche se non è così come dice Calvino :”la scienza d’oggi è essa stessa ormai una continua messa in discussione delle proprie convenzioni linguistiche, motivo per il quale va valorizzato il posto che il pensiero matematico sta prendendo nella cultura anche umanistica e quindi nella letteratura”.
E quindi è il caso di accennare appena al fatto che la matematica della Commedia di Dante usa concetti geometrici come nei versi 13-15 del canto XVII del Paradiso:
«O cara piota mia che sì t’insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in triangol due ottusi, “
un esempio geometrico per dimostrare l’impossibilità logica di una determinata situazione e per questo si rifà al XVII teorema del primo libro degli Elementi di Euclide:
“Due angoli di un triangolo, presi in qualunque modo, danno una somma minore di due retti”.
Anche se va sottolineato la Commedia per esempio è ricca del simbolismo pitagorico. Il rapporto tra la numerologia e la Divina Commedia è evidente in tutta l’opera, sia a livello strutturale che narrativo. Una Commedia che appunto è l’esempio concreto e primigenio di quelle che sono le commistioni tra scienza e letteratura, tra racconto di vita , sentimenti, emozioni e realtà scientifiche che pure fanno parte della nostra vita come i cieli stellati, il movimento degli astri, il rinnovarsi della natura nelle varie stagioni , i moti del nostro corpo .
Ma non c’è solo la matematica delle cantiche dantesche nella storia della nostra letteratura italiana. C’è per esempio la matematica di Galileo Galilei . Per lo scienziato pisano, il Libro della natura è scritto nella lingua della matematica, i cui caratteri sono triangoli, cerchi e figure geometriche: così afferma ne Il Saggiatore (1623), precisando che, a motivo di ciò, tale libro può essere letto solo da coloro che ne conoscono linguaggio. Nel Dialogo sopra i massimi sistemi (1632) Galileo ribadisce ancora che il Libro della natura è l’oggetto proprio della filosofia naturale, dunque materia per scienziati, non per teologi.
«La filosofia [della natura] è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto dinanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscere i caratteri né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi [sic] è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto» Il Saggiatore (1623), in Opere, vol. VI, p. 232.
Già nel 300 a.C. Euclide aveva affermato un principio fondamentale per la Geometria con la definizione della sezione aurea: una proporzione geometrica che sembrava rappresentare lo standard di riferimento per la perfezione, la grazia e l’armonia. Ed è proprio la sezione aurea che ci ricorda la ricerca della perfezione che molti letterati hanno intrapreso nelle loro composizioni. Con l’apoteosi di questa ricerca rappresentata dall’Uomo vitruviano di Leonardo, una rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano, che cerca di dimostrare come possa essere armoniosamente inscritto nelle due figure “perfette” del cerchio, che simboleggia il Cielo, la perfezione divina, e del quadrato, che simboleggia la Terra.
Appunto grazia ed armonia anche nelle idee di Leonardo e di Galileo. Peccato che quelle sue idee matematiche, costrinsero quest’ultimo “sapientemente” ad abiurare di fronte al Tribunale dell’inquisizione che con decisione messa a verbale lo ammoniva affinché insegnasse solo la matematica, anche quella del copernicanesimo appunto come soluzione matematica e non quello che le teorie appunto di Copernico facevano vedere in riferimento al sistema cosmologico che stravolgevano quelle che erano le credenze di allora circa la posizione del pianeta Terra nel sistema solare.
E con un salto di alcuni secoli pensiamo alla matematica delle “Avventure di Alice nel paese delle maraviglie “ di Lewis Carroll. Che sembrano legate proprio a Galileo E’ il 4 luglio 1862. Tre bambine su una barca lungo il Tamigi , accompagnate da due reverendi si mostrano irrequiete e piene di iniziative anche pericolose considerata la situazione. Così che uno dei due accompagnatori Charles Dodgson per impegnare la loro attenzione in modo da poterle controllare , racconta loro una storia. Tanto gradita che gli viene chiesto di metterla per iscritto . Nacque così Alice nel paese delle meraviglie, pubbicata sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll.
Un incipit dunque galileano. Alice cade in un buco e il suo percorso tenendo conto della velocità della caduta che dovrebbe essere crescente , dell’attrito dell’aria e della rotazione terrestre, la dovrebbe portare al centro della Terra e poi con velocità decrescente fino agli antipodi, dove si fermerebbe per un istante, per riprendere poi a cadere “all’insù” fino al punto da dove era partita, e così via all’infinito. Un tragitto già calcolato da Galileo ed esposto nel Dialogo sopra i due massimi sistemi .
E pensiamo a tutta la matematica e quindi alle implicazioni scientifiche per esempio contenute in “Nove volte sette” di Isaac Asimov in cui in un futuro di guerre spaziali si affida ad un uomo che ha imparato a fare di conto e può sostituire le costose calcolatrici la strada per la vittoria. In questo caso l’uomo “è uno strumento infinitamente più economico di una calcolatrice”. Sopraffatto dal peso della responsabilità per aver inventato una nuova scienza, la grafitica, che porterà ulteriore morte e distruzione, Aub si toglie la vita.
Oppure in “Geometria solida “ di Ian McEwan in cui già dal titolo ci si rifà a concetti matematici e geometrici che aiutano il protagonista ad evitare un divorzio. Perché dalla lettura dei diari del nonno che ha rinvenuto casualmente e che raccontano del matematico Hunter , scomparso nel nulla per dimostrare, durante un convegno matematico, che esiste il piano senza superficie, apprende movimenti piacevoli che la moglie gradisce.E in “L’uomo matematico” di Robert Musil in cui si dimostra che tutto il nostro progresso è nato grazie alla matematica tanto che in conclusione Musil afferma che . “I matematici sono un’analogia dell’uomo spirituale dell’avvenire”.
In tema di racconti matematici c’è , edito da Einaudi ,proprio un volume con questo titolo , un’antologia cura di Claudio Bartocci ne propone ventisei da Il libro di sabbia di Borges a La Biblioteca Universale di Kurd Laßwitz, da Tennis, trigonometria e tornado di David Foster Wallace a un Breve ritratto di Alan Turing di Carrère, inedito in Italia. Sul sito dell’editore a proposito di questo libro si legge la seguente scheda che è poi un estratto della presentazione dello stesso curatore Claudio Bartocci “Negli ultimi cento anni matematica e letteratura hanno incrociato il loro cammino innumerevoli volte, troppe perché si tratti soltanto di incontri casuali. Se è vero che entrambe sono attività di «finzione» e consistono principalmente nell’invenzione di mondi possibili, non stupirà questo continuo e fecondo rispecchiamento.
Nonostante la sua quasi proverbiale astrusità (o forse proprio a ragione di questa), la matematica non ha cessato di esercitare, negli ultimi centocinquant’anni, un fascino forte, seppur talvolta sotterraneo, su quanti (artisti, musicisti, scrittori, filosofi) hanno osservato dall’esterno la sua prodigiosa ricchezza. Per quanto riguarda la letteratura, sensibili in modo particolare a questo fascino si sono dimostrati poeti, narratori, romanzieri che nulla accomuna l’uno all’altro, se non il fatto che nelle loro opere, con frequenza e in misura maggiore o minore, emergono idee o strutture matematiche, affiorano riferimenti ai numeri transfiniti o alle geometrie non euclidee, balenano metafore costruite su concetti tratti dall’algebra o dalla logica. Nella maggior parte dei casi – è bene chiarirlo fin da subito – si tratta di influssi non assimilati in maniera sistematica, né tantomeno sviluppati secondo un qualche programma didattico o divulgativo. «Niente è più fecondo, tutti i matematici lo sanno, – osserva André Weil nel breve saggio De la métaphysique aux mathématiques, – di quelle vaghe analogie, quegli oscuri riflessi che rimandano da una teoria all’altra, quelle furtive carezze, quelle discrepanze inesplicabili: niente dà un piacere più grande al ricercatore». Lo stesso si potrebbe dire dei rapporti tra letteratura e matematica: furtive carezze, corrispondenze incerte, echi, suggestioni, consonanze e dissonanze.”
Non posso però non terminare questa riflessione se non con un componimento della poetessa polacca che usa spesso temi matematici nei propri versi dal titolo “Sul Pi Greco”, poesia che celebra il numero trascendente per eccellenza:
Degno di meraviglia è il numero Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Le sue cifre seguenti sono ancora tutte iniziali,
cinque nove due, perché non ha mai fine.
Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con lo sguardo,
otto nove con il calcolo,
sette nove con l’immaginazione,
e neppure tre due tre otto per scherzo, o per paragone
quattro sei con qualsiasi cosa
due sei quattro tre al mondo.
Il più lungo serpente terrestre dopo una dozzina di metri s’interrompe.
Così pure, anche se un po’ più tardi, fanno i serpenti delle favole.
La fila delle cifre che compongono il numero Pi
non si ferma al margine del foglio,
riesce a proseguire sul tavolo, nell’aria,
su per il muro, il ramo, il nido, le nuvole, diritto nel cielo,
per tutto il cielo atmosferico e stratosferico.
Oh come è corta, quasi quanto quella di un topo, la coda della cometa!
Quanto è debole il raggio di una stella, che s’incurva nello spazio!
Ed ecco invece due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
numero di abitanti sessanta cinque centesimi
giro dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola vola e canta, mio usignolo
e si prega di mantenere la calma,
e così il cielo e la terra passeranno,
ma il Pi greco no, quello no,
lui sempre col suo bravo ancora cinque,
un non qualsiasi otto,
un non ultimo sette,
stimolando, oh sì, stimolando la pigra eternità
a durare.