Quando Dante Alighieri inventò l’italiano

Quando Dante Alighieri inventò l’italiano

“Quando Dante Alighieri inventò l’italiano”  mi è apparso subito  un titolo suggestivo da dare ad una riflessione che vuole sottolineare l’invenzione di una lingua, l’italiano, da parte  di  Dante Alighieri  che soprattutto nella Commedia crea locuzioni, motti, latinismi, neologismi  di un “volgare pieno di eloquenza”. Ma anche perché  si presta a diverse  interpretazioni una delle quali, molto interessante è  la ricerca nei protagonisti delle vicende narrate nelle cantiche  della Divina Commedia di caratteristiche tipiche  dell’italiano di tutti i tempi .

L’anno appena trascorso ha segnato il settimo centenario dalla morte di Dante Alighieri. Un anniversario che è stato ricordato nel nostro paese e nel panorama internazionale in vario modo e con una serie di iniziative. Sicuramente non abbastanza numerose e si poteva fare di più.

Ricordiamo quelle principali, le iniziative ufficiali, quelle di cui giornali e tivvù non sono riuscite a dare conto perché troppo frammentate nel territorio, quelle ad opera della Società Dante Alighieri, quelle degli istituti di cultura italiana all’estero.

Il poeta fiorentino è stato celebrato e ricordato nel 2021 non solo per l’istituzione del Dantedì il 25 marzo, ma anche per l’anniversario della sua morte. Un intero anno dedicato al Sommo Poeta che moriva a Ravenna, dove si trovava in esilio, nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321.

 

Cominciamo con le iniziative toscane tra cui il restauro delcenotafio” nella basilica di Santa Croce , simbolo di riconciliazione di Firenze con il poeta e dei valori su cui nasce l’Italia unita,. E’ stato è un luogo speciale del Dantedì 2021… Proprio qui, la mattina del 25 marzo, il Sommo Poeta è stato celebrato con la presentazione del restauro del suo monumento sepolcrale vuoto, opera dello scultore Stefano Ricci.
A dar voce a Dante e alla Commedia è stata l’attrice Monica Guerritore che ha letto alcune terzine dal I canto dell’Inferno e dal XXIV canto del Purgatorio.

Sempre la regione Toscana e Firenze sono stati capofila di una iniziativa internazionale  #LeggiDante e #ReadMeDante  che  per  celebrare l’attualità e la forza del poema, attraverso il coinvolgimento diretto dei lettori di Dante, sono state protagoniste anche di una Call to action social promossa dall’Opera di Santa Croce insieme alla Dante Society of America e alla New York University. L’evento ha permesso l’inserimento da ogni parte del mondo e in qualsiasi lingua, dal 25 marzo di inserire una terzina della Commedia (non più di 33 secondi, il numero è simbolico naturalmente) e postarla – con gli hashtag #LeggiDante e #ReadMeDante.

E’ stato creato un   nuovo sito danteotosco700.it ideato e realizzato da Fondazione Sistema Toscana in cui confluiscono gli eventi e le principali iniziative che caratterizzano le azioni messe in campo dal sistema regionale toscano.

“Dante Confidential” si propone di analizzare la figura del “sommo poeta” dimostrando la sua attualità, con una narrazione contemporanea che non rinuncia alla profondità storica e critica. Il documentario, realizzato da Toscana Promozione Turistica, è presentato da Rai Documentari e prodotto da 3D Produzioni ed andrà in onda in prima serata su una Rete Rai. La narrazione è affidata alla voce di Pierfrancesco Diliberto, più noto come Pif.

Mostra itinerante “Dante 700” di Massimo Sestini ha viaggiato nelle sedi degli Istituti Italiani di Cultura all’estero. Da Roma e Firenze la mostra ha viaggiato in Europa e ha riguardato  4 giornate specifiche: quella a Bruxelles , poi a Parigi nella sede Unesco in aprile, Madrid a maggio e Berlino a giugno. L’organizzazione delle 4 serate evento sono state curate di Toscana Promozione.

A cura della regione Toscana sono state organizzate anche altre manifestazioni. Ma a Ravenna città in cui il poeta è morto il Museo MAR dal  10 Ottobre 2020 – 09 Gennaio 2022 ha tenuto esposta la mostra Dante  Gli occhi e la mente  un grande progetto espositivo di Ravenna per il 7 centenario di Dante. 3 grandi mostre e un progetto speciale in collaborazione con gli la Galleria degli Uffizi.Mente  la Biblioteca Classense   si è posta l’obiettivo di diffondere le opere e gli studi danteschi; è nata così l’idea di mettere finalmente a disposizione del pubblico – in un apposito spazio a libero accesso – il materiale più recente e adatto allo scaffale aperto, tratto dalla vasta raccolta di opere e studi danteschi che la Classense ha coltivato negli anni.

 

Da Nord a Sud Italia il Paradiso dantesco ha preso forma e colore sulle cabine elettriche di E Distribuzione, trasformate eccezionalmente in opere d’arte in occasione del settecentenario della morte di Dante Alighieri. Questo l’omaggio che la società del Gruppo Enel gestrice della rete a media e bassa tensione ha voluto tributare al Sommo poeta .Il progetto, patrocinato dal Ministero della Cultura, prevede l’esecuzione artistica di 9 interventi murali su altrettante cabine elettriche attraverso anche una particolare vernice ecologica, in grado di eliminare batteri e assorbire le sostanze inquinanti che circolano nell’ambiente.
Ciascuna tela, firmata dall’artista Danilo Pistone, in arte Neve, rappresenta in chiave allegorica i 9 cieli del Paradiso dantesco, densi di significati e simboli che ben si sposano con quelli di luce ed energia associati al brand di E-Distribuzione.

 

Le celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri sono state un appuntamento al quale l’Italia è arrivata preparata. Il Comitato Nazionale, presieduto dal prof. Carlo Ossola, è stato istituito nel 2017 e ha valutato, nel corso del suo operato, centinaia di iniziative proposte da enti, istituzioni, artisti e associazioni culturali. Attraverso la selezione delle più meritevoli, è stato articolato un programma denso e di qualità, con eventi in ogni settore delle arti: letteratura, poesia, teatro, musica, danza, arti plastiche. Importante anche il lato scientifico, con molti convegni di rilievo internazionale, e divulgativo e di ricerca, con diverse mostre in Italia e all’estero.
A questo palinsesto, realizzato in stretta collaborazione con le città dantesche di Firenze, Ravenna e Verona, si è affiancata l’entusiasmante risposta del Paese alla seconda edizione del Dantedì, promossa e coordinata dal Ministero della Cultura che, per il 2021, ha realizzato anche una campagna social dedicata dal titolo “in Viaggio con Dante”.

 

Mostre digitali, video, live su YouTube, webinar, dirette streaming, seminari, performance, esposizioni di documenti d’archivio, codici e manoscritti danteschi digitalizzati, tour virtuali accompagneranno così, durante tutto l’anno, ognuno di noi in un personale percorso alla riscoperta del genio dantesco e della potente fortuna del suo immaginario.

C’è, per chi voglia conoscere tutte le iniziative, una pagina in continuo aggiornamento sul sito del Ministero dei beni culturali ( 1) da cui abbiamo preso molte delle notizie che compongono questa breve rassegna che è soltanto indicativa della considerazione che la figura di Dante  Alighieri  ha nel nostro paese e nel mondo intero .

Una rassegna che indicando percorsi di riscoperta della vita , dei luoghi della vita di questo poeta e dei temi contenuti nelle sue opere ci introduce al tema che  mi sono proposto di esaminare : l’invenzione di una lingua  contenuta appunto nelle sue opere e in particolare nella Divina Commedia.

L’Accademia della Crusca ( 2 )   con sede a Firenze ha dato il via a un’iniziativa che per tutto l’anno 2021  ha proposto  una parola di Dante  “fresca di giornata” attraverso i suoi canali social (Facebook, Twitter, Instagram). Ogni giorno fino al 31 dicembre 2021 sono stati raccontati e spiegati locuzioni, motti, latinismi, neologismi creati da Dante, che in gran parte fanno ancora parte del nostro patrimonio linguistico.

Nel suo De Vulgari Eloquentia Dante elenca una serie di lingue e le distingue. Ci sono le  lingue romanze, quelle slavo-germaniche e  quelle greche. Le lingue romanze  a loro volta si dividono in : “Yspani, Franci et Latini”  che  Migliorini  indica come “francese, provenzale-catalano e italiano“. Sono le lingue del “sì” diverso per ognuna di loro che pure condividono molte altre parole. L’uso dello stesso si in diversi territori ne fanno una regione linguistica

Quando Dante  compilava questa suddivisione  i popoli che vivevano nelle varie regioni della penisola venivano chiamati  lombardi e  la loro lingua appunto lombarda e non ancora italiano. In particolare  si distingueva una  parte più estesa della penisola, a sud, dove regnarono prima gli aragonesi e poi gli angioini, il regno delle Due Sicilie,a confronto con una pletora di stati in cui era diviso il centro nord. Per cui Dante doveva scegliere  .E tra l’altro doveva dare anche una spiegazione sul motivo per cui quello che molti descrivevano come “siciliano” dovrebbe essere incluso in italiano, perché come dice lui si chiama “siciliano”. Riferendosi alla grandezza del regno siculo-normanno scrive: Al principio rivolgiamo la nostra attenzione alla lingua siciliana, vedendo che il volgare siciliano sembra tenersi più in alto rispetto a qualsiasi altro, in primo luogo perché tutta la poesia scritta dagli italiani si chiama “siciliano”, e quindi perché troviamo davvero che molti nativi doti di quell’isola hanno scritto poesia seria, … E siccome la Sicilia era la sede del trono imperiale, accadeva che qualunque cosa i nostri predecessori scrivessero in volgare si chiamava “siciliano”. Oggi questo termine è ancora in uso e i posteri non potranno fare nulla per cambiarlo. Racha, racha! [Sciocco] Qual suono è prodotto ora dalla tromba dell’ultimo Frederico, …(Dante, De Vulgari Eloquentia,)

 

In realtà  la vera lingua comune in Italia fu il latino  grazie all’opera di condivisione di questa lingua operata dagli antichi romani. Per  centinaia di anni, tuttavia, ogni regione d’Italia ha creato nella lingua parlata innumerevoli varianti dei vocaboli latini che in definitiva fu  il cosiddetto  “volgare”, la lingua quotidiana del popolo. Il risultato, nel tempo, fu quello che oggi chiamiamo dialetti, oggi che  la lingua italiana  è parlata almeno per il 53% della popolazione .Nel 1861 al momento della creazione di uno stato unitario solo circa il 2,5% della  popolazione  parlava quella che definiamo la lingua italiana. Fino al 1951, meno del 20% degli italiani utilizzavano l’ italiano esclusivamente nella vita quotidiana. In famiglia si è continuato a parlare in dialetto. Si deve  alla invenzione della televisione e quindi alle sue trasmissioni  diffuse in tutte le regioni d’Italia quell’opera di unificazione anche linguistica  che solo nel 2012 è diventato strumento e patrimonio della maggioranza degli italiani

 

Dunque per tornare al nostro tema va detto che Il Sommo Poeta può essere legittimamente considerato il padre della lingua italiana, fu lui per primo a capire l’importanza del volgare e a scrivere i suoi capolavori in quella particolare lingua. È proprio grazie a opere come “La Divina Commedia” e il “De Vulgari Eloquentia” che la lingua italiana ha potuto svilupparsi e oscurare la lingua latina che fino a quel momento era considerata la lingua principe del suolo italiano. Il lessico di base della lingua italiana è formato da 2000 parole ad altissima frequenza, combinando le quali noi formiamo il 90 % dei nostri enunciati. Di queste 2000 parole, ben 1600 sono già attestate in Dante.

 

Probabilmente insieme a Dante hanno contribuito a costruire una lingua anche altri letterati come per esempio Giacomo da Lentini a cui si deve l’invenzione del sonetto, quattordici versi endecasillabi raggruppati in quattro strofe che una immensa fortuna avrà nella storia della poesia europea, a partire proprio da Dante per arrivare a Caproni e a Pasolini, passando per Petrarca, Shakespeare, Baudelaire ma anche autori del XIII secolo: Guido Faba, insigne prosatore bolognese; Guittone d’Arezzo ( il fondatore della lirica civile italiana ); per non parlare di Guido Guinizzelli e di Guido Cavalcanti, verso i quali l’Alighieri ha un debito poetico e culturale . 

 

Il merito di Dante sta tutto nel fatto di aver  reso il volgare  capace di un uso letterario senza limitazioni.  Soprattutto con la sua Commedia che Eliot definisce «la più esauriente, la più ordinata presentazione di sentimenti che sia mai stata fatta», Dante dimostra come il volgare permette , di toccare tutti gli argomenti  della vita  ed  esprimere tutti i sentimenti e le emozioni  dell’animo umano.   Per esprimere questi sentimenti, raccontare le storie,  rappresentare le visioni del mondo Dante mette in piedi un impianto linguistico completamente inedito e allo stesso tempo ampio e senza limitazioni .

Scrive Dario Pisano ( 3 ) : “Ci sono dei passi pieni ( nella Divina Commedia ) di provenzalismi o addirittura in provenzale. Ci sono dei versi in latino. Troviamo terzine che pullulano di neologismi (parole che non esistevano e che l’autore inventa) e poi – accanto a questo multilinguismo – registriamo una prodigiosa escursione stilistica (quindi un multistilismo). Dante è sia un poeta teologo sia certe volte un teppista della lingua che impiega parole ruvide e disadorne (antesignano del realismo sporco).

Dante – ci ha insegnato Natalino Sapegno – è un classico senza classicismo, e dopo secoli di fortuna alterna e contrastata soltanto nel Novecento ( un secolo che ha finalmente capito che le vie dell’arte sono infinite e capaci di implicare qualunque referente ) il suo temperamento linguistico è diventato una guida, un esempio per tanti poeti di ogni parte del mondo. Joyce nel Finnegans Wake e Pound nei Cantos ereditano il multilinguismo della Commedia. Dante ha consegnato all’italiano gran parte del lessico attuale e molto spesso noi citiamo versi danteschi senza accorgercene. (…)Aggiungo che Dante non è solo padre, ma è anche madre dell’italiano. Una metafora ricorrente nelle tre cantiche è quella del latte della poesia. Una veloce ricognizione: Stazio – in Purgatorio – dice a Virgilio ( suo idolo letterario ) che Omero è colui che le Muse allattarono più di chiunque altro. Sempre Stazio manifesta il suo amore verso Virgilio rivelandogli che l’Eneide è stata per lui una mamma, e nel seno di questo poema ha succhiato il latte della poesia. Alla fine del Paradiso, Dante si rappresenta come un infante, un lattante che bagna ancor la lingua alla mammella. La sua parola creatrice non ce la fa a dire l’essere e allora si arresta sulla soglia dell’inesprimibile. Tanti poeti del secolo scorso riprenderanno questa metafora (penso a Paul Celan e al rapporto tra lallazione, ossia la produzione prelinguistica dei lattanti e l’ineffabilità, l’impossibilità di raccontare certe tragedie). E infine Andrea Zanzotto, il quale ci ha insegnato che la lingua si apprende con il latte materno. Non sappiamo da dove venga, la
lingua. Sappiamo – prosegue Zanzotto – che monta come un latte e che il dialetto ( questo vecio parlar ) ha dentro il suo sapore una goccia del latte di Eva.”

Ho in breve richiamato il De Vulgari Eloquientia  opera scritta in latino .Devo fare anche un accenno al Convivio che l’altra opera di Dante , scritta questa in volgare, che esamina  temi linguistici.  Il Convivio che come dice il titolo è un banchetto del sapere . H

a un chiaro intento divulgativo e la scelta del volgare appare inevitabile conseguenza, giacché solo gli intellettuali maneggiano bene il latino. Dante cerca un pubblico colto, ma non specialistico, che abbia voglia di percorrere le vie della sapienza, proprio come indica nell’incipit dell’opera. È un pubblico nuovo per un’opera a carattere dottrinario.

 

I tre temi fondamentali del Convivio sono:

  • la difesa del volgare (trattato I), l’esaltazione della filosofia (trattati II e III);
  • la discussione intorno all’essenza della nobiltà, a cui si ricollega la proposta dantesca di una monarchia universale rappresentata dall’ordinamento imperiale e dalla tradizione romana (trattato IV);
  • la scelta del volgare che si armonizza con il disegno di una nuova figura di intellettuale che mette insieme la tradizione classica di intellettuale-sapiente con quella comunale di intellettuale-funzionario raccordati all’interno della dimensione cristiana dell’intellettuale-guida etica. ( 4)

 

Molti ricorderanno  il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare (pubblicato per la prima volta nel 1947), “Gianfranco Contini ha osservato che sì, quel sonetto pare scritto ieri, dal momento che contiene tutte parole tuttora in uso (l’unica parola scomparsa è labbia: volto), ma “si può dire invece che non ci sia parola, almeno delle essenziali, che abbia mantenuto nella lingua moderna il valore dell’originale”. Lo stesso può dirsi della grammatica, se, proprio nella nostra Università di Padova, un decennio fa è stata realizzata una Grammatica dell’italiano antico (Bologna, Il Mulino, 2010), coordinata da Lorenzo Renzi, assieme a Giampaolo Salvi: i due studiosi hanno sentito il bisogno di affiancare alla Grande grammatica italiana di riferimento dell’italiano contemporaneo, che avevano curato assieme ad Anna Cardinaletti, una grammatica dell’italiano del Due e Trecento, proprio perché le notevoli differenze tra l’italiano delle origini e l’italiano di oggi impedivano che la grammatica dell’italiano medievale potesse essere descritta compiutamente con le stesse regole con le quali possiamo descrivere e interpretare l’italiano moderno. “   ( 5)

Un esempio per tutti .Scrive Dante Cortelazzo in  “ Dante 700 Il padre della lingua” che il poeta   ha “creato parole che prima di lui nessuno aveva mai pensato di usare; tipici sono i verbi parasintetici che si trovano nella Divina Commedia (quasi tutti nel Paradiso): inverare, infuturarsi, intepidare, imborgarsi, imparadisare, incielare, impolare, inforsarsi, inmegliarsi, intuarsi, inmiarsi, intrearsi, incinquarsi, inmillarsi. La creatività dantesca si rivela non solo nell’abbondanza di questi neologismi d’autore, ma anche nel loro modello compositivo (i verbi parasintetici sono verbi creati con l’aggiunta simultanea a una radice di un prefisso e di un suffisso o una desinenza) e nella varietà delle basi usate, che sono nomi e aggettivi (vero, futuro, t(i)epido, borgo, paradiso, cielo, polo), avverbi (forse), comparativi (meglio), possessivi (tuo, mio), numerali (tre, cinque, mille). “

Tullio De Mauro, nella postfazione al GRADIT (cioè al suo Grande dizionario italiano dell’uso, pubblicato dalla UTET), ricorda che all’inizio del Trecento, quando Dante si accinge a scrivere la Divina Commedia, il vocabolario fondamentale dell’italiano (cioè le 2000 parole oggi più frequentemente usate) era già costituito al 60%. Alla fine del Trecento, grazie anche all’opera di Dante, il vocabolario fondamentale aveva ormai raggiunto il 90% della sua attuale configurazione. Questa osservazione di De Mauro sostiene, con la forza dei numeri, l’osservazione di diversi studiosi di Dante, che, già alla fine dell’Ottocento, hanno definito il volgare al tempo di Dante come una “lingua bambina”, una lingua nascente, che con Dante è cresciuta e ha acquisito maturità e nobiltà.

 

Dante padre della lingua italiana .La lingua italiana  dunque il vocabolario  di Dante . Perché il lessico che usiamo oggi non è costituito solo dalle parole usate da Dante (il vocabolario italiano di oggi è ben più ampio di tutto il lessico dantesco), non include tutto il vocabolario di Dante (pensando anche solo ai neologismi danteschi, molti si essi sono rimasti e sono usati ), ma contiene ancora, 700 anni dopo la sua morte, tanto vocabolario di Dante (6)

 

 

(1)https://www.beniculturali.it/dante2021

 

( 2 )In Italia e nel mondo l’Accademia della Crusca è uno dei principali punti di riferimento per le ricerche sulla lingua italiana. Il suo impegno attuale persegue i seguenti obiettivi:

  • sostenere, attraverso i suoi Centri specializzati e in collaborazione con le Università, l’attività scientifica e la formazione di nuovi ricercatori nel campo della linguistica e della filologia italiana;
  • acquisire e diffondere, nella società italiana e in particolare nella scuola, la conoscenza storica della nostra lingua e la consapevolezza critica della sua evoluzione attuale, nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo contemporaneo;
  • collaborare con le principali istituzioni affini di altri Paesi e con le istituzioni governative italiane e dell’Unione Europea per una politica a favore del plurilinguismo del nostro continente.

L’Accademia della Crusca è sorta a Firenze tra il 1582 e il 1583, per iniziativa di cinque letterati fiorentini (Giovan Battista Deti, Anton Francesco Grazzini, Bernardo Canigiani, Bernardo Zanchini, Bastiano de’ Rossi) ai quali si aggiunse subito Lionardo Salviati, ideatore di un vero programma culturale e di codificazione della lingua. Dalle loro animate riunioni, chiamate scherzosamente “cruscate”, derivò il nome di “Accademia della Crusca”, poi reinterpretato in riferimento alla separazione tra crusca e farina, metafora per significare il lavoro di ripulitura della lingua. L’istituzione assunse come proprio motto un verso del Petrarca – “il più bel fior ne coglie” – e adottò una ricca simbologia tutta riferita al grano e al pane.

 

(  3  )https://libreriamo.it/libri/perche-dante-e-padre-e-madre-della-lingua-italiana/

( 4)   Fonte https://www.studenti.it/convivio-di-dante-alighieri-struttura-e-temi.html

( 5 )https://ilbolive.unipd.it/it/news/dante700-padre-lingua-italiana

(6)https://ilbolive.unipd.it/it/news/dante700-padre-lingua-italiana

 

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