Biografia Luisa Patta
Nata a Perugia nel 1985, laureata in Scienze dell’Educazione, è educatrice d’infanzia a Siena, città in cui vive.
Si definisce una nomade di parole e pensieri, che raccoglie e disperde ovunque. Scrive per tenere a mente, scrive per tenere a cuore e trasmette l’amore per la lettura a tutti i bambini e le bambine che incontra quotidianamente.
Vincitrice di oltre cento premi letterari, nel 2022 ha esordito con Umane traiettorie. Percorsi dentro di sé e oltre di sé (BookTribu).
Per Umane traiettorie ha ricevuto la Menzione speciale al 7° Concorso letterario di BookTribu, l’Encomio della Giuria al Concorso Internazionale Città di Cefalù 2023, la Menzione di merito al Premio Antonio Veneziano 2023, il Diploma d’onore al Concorso Letterario Argentario 2023, il secondo posto al Premio Letterario Città di Siena 2023, il terzo posto al Premio Letterario Mino De Blasio 2023 e al Premio Khaleiodon 2023, il primo posto al Premio Letterario Internazionale Ovidio 2023.Umane traiettorie è stato selezionato tra “I 200 libri più belli d’Italia” nell’ambito del Concorso Letterario Tre Colori 2023.
È tra le autrici del blog Api Furibonde e scrive anche per bambini, in collaborazione con ICWA (Italian Children’s Writers Association), di cui è socia dal 2022. Ha recentemente pubblicato il secondo libro di racconti dal titolo Controcanto di Natale (BookTribu).
È un immenso piacere avere Luisa Patta come ospite delle pagine di Poesia Femminile Singolare, un’iniziativa culturale nata più di dieci anni fa ad opera della Dottoressa Alessandra Prospero che da allora la dirige con passione e competenza.
Luisa ti sei definita “una nomade di parole”. Ci spieghi brevemente il perché di questa definizione?
Innanzitutto, grazie Luciano e grazie Alessandra per l’accoglienza e l’attenzione. Il piacere è tutto mio.
Perché nomade di parole? Perché la parola si muove e ci permette di raggiungere gli altri, superando qualsiasi distanza fisica, ma anche mentale il più delle volte. E io amo questa sua proprietà, questo suo essere ovunque, di tutti e di nessuno. E mi muovo con lei e mi rinnovo, perché ogni parola è un viaggio che porta un piccolo o grande cambiamento. Come la parola, anche io non mi fermo in nessun posto e sono in continuo mutamento, in ascolto del mondo che mi circonda, che siano luoghi o persone. Tutto quello che vivo finisce in parola e si muove con me, aprendosi al nuovo. Perché la parola è sempre incontro, condivisione e movimento di pensiero.
Ho letto che hai passato una vita a mettere i tuoi racconti in un cassetto. Cosa te lo ha fatto finalmente aprire quel cassetto e finalmente condividere con gli altri quello che avevi scritto?
Ad aprire quel cassetto è stato il bisogno di ricostruirmi. Venivo da un periodo molto duro, forse il più difficile della mia vita. Tutto è successo durante il primo lockdown e mentre il mondo si era fermato io dovevo affrontare tante criticità date dal fatto di continuare a svolgere la mia professione in smartworking e contemporaneamente occuparmi di due bambini molto piccoli, in completo isolamento per più di tre mesi. In questo grande stravolgimento, in cui le giornate passavano e io ero bombardata dalle difficoltà, ho sentito di non esistere più. La mia essenza non c’era più, io non c’ero più. C’era una persona che non riconoscevo affatto: preoccupata, stravolta, demotivata, che cercava di sopravvivere alla giornata e – nonostante tutto -non far mancare la serenità ai propri figli. È stato un momento davvero delicato.
La scrittura mi ha salvato. Ho iniziato a ritagliarmi del tempo di notte, per scrivere. Ne sentivo il bisogno, un bisogno fisico.
Non scrivevo di me, non era un diario personale, erano storie. La mia testa aveva bisogno di scappare, di uscire da quella situazione, che ormai vivevo come una gabbia. Ho cominciato a scrivere storie di altri per aggrapparmi alla vita e iniziare a ricostruirmi attraverso la parola e il potere immenso della narrazione. Parola dopo parola, sono tornata. Sono rinata. E i primi racconti scritti in quel periodo avevano una forza tale da convincermi di aprire il cassetto, da farmi pensare che là in giro esistevano le persone di cui stavo raccontando, le storie di cui stavo scrivendo e che sarebbe stato bello far incontrare queste persone con le mie parole. Forse i miei racconti potevano essere utili anche per qualcun’altro.
Arriva sempre una parola che fa traboccare il cassetto. E per me è arrivata in quel momento catartico.
Tra le varie forme letterarie, mi sembra che tu abbia scelto il racconto breve. C’è un motivo preciso dietro questa scelta?
Il racconto, per la sua brevità, ha una potenza immediata. Non c’è spazio per approfondire i personaggi, in un racconto. O, almeno, non quanto in un romanzo. Quello che colpisce in un racconto è per lo più quello che accade. C’è una corrente particolare dentro i racconti, qualcosa che ti incolla al testo perché ogni parola deve essere sapientemente scelta, curata, bilanciata e deve portarti come un fiume in piena verso il mare, senza distrazioni. La brevità ti costringe a questo, a una cura infinita verso la parola. E io amo fare questo tipo di lavoro, molto certosino, verso le parole. Sono profondamente legata all’idea che Italo Calvino aveva della parola e negli anni ne ho fatto tesoro. Calvino, nelle sue Lezioni americane, parla di “prosa icastica” e io aspiro sempre a raggiungerla, quando scrivo. Fare prosa icastica vuol dire cercare la parola esatta, precisa. La parola non generica, non vuota, non banale, non ripetitiva. È sfogliare tutte le possibilità linguistiche e non fermarsi al termine che può essere congruo in quel contesto, ma trovare quello che dà più informazioni possibili. Quello che calza a pennello. Per cui, facendo degli esempi, andrò a usare “malcelata” al posto di “nascosta”, oppure “acrocòro di rifiuti” invece che “mucchio di rifiuti” per definire in modo esatto ciò che sto descrivendo. La parola esatta crea anche l’immagine mentale esatta nel lettore e questa corrispondenza lo aiuta ad immedesimarsi nella storia. Amo fare questo tipo di esperienza immersiva quando leggo e mi impegno a metterla in pratica anche da scrittrice, per regalarla ai miei lettori.
Nel racconto non puoi sbagliare nulla, non puoi lasciare nulla al caso, non puoi essere approssimativo. E io ricerco questa esattezza, testimonia tutto il mio amore per le parole che scelgo e l’attenzione verso chi le leggerà.
Ma amo anche sperimentare, mettermi in gioco e allungare il passo: per questo sto lavorando al mio primo romanzo e sto studiando per realizzarlo al meglio. E qui è tutta un’altra storia, che non vedo l’ora di portare alla luce!
Sei un’educatrice dell’infanzia, in quale modo cerchi di alimentare l’amore per la l’ascolto e la lettura in bambini così piccoli?
Nelle mie giornate al nido non mancano mai momenti di lettura o di narrazione, attraverso teatrini e marionette. La lettura, i libri e le storie in generale hanno così tanto da insegnarci che non possono mai mancare nella casa di un bambino o di una bambina. Attraverso la mia professione ho il privilegio di entrare a contatto con molte famiglie, con molti genitori e quello che dico sempre è che non è mai troppo presto per proporre un libro a un bambino, per costruire la sua piccola libreria. Fin dalla pancia, nei mesi di attesa, una mamma può iniziare a leggere a voce alta e la sua voce per il bambino costituirà la prima, ancestrale, forma di narrazione. Una volta nato, il bambino potrà proseguire a frequentare le storie con i primi albi illustrati, ricchi di illustrazioni e di testi brevi che riproducono il suo mondo, ciò che conosce. Attiriamo il bambino al libro partendo da ciò che gli piace e non forziamolo mai, sarebbe controproducente. Leggiamo ai bambini, anche se in quel momento sembrano non ascoltare e interessati ad altro. In realtà, le parole arrivano e si sedimentano e ogni giorno al nido i “miei” bambini me lo dimostrano. Parafrasando il titolo di un bellissimo libro di Rosa Tiziana Bruno che recita così “Fare scuola con le storie”, io dico che si può “fare NIDO con le storie” perché le storie sono uno strumento straordinario per stare bene insieme.
È importante proporre libri ai bambini, soprattutto libri di qualità e oggi, per fortuna, c’è un’ampia scelta. Da insegnanti, educatori o genitori, dedichiamo cura anche alla ricerca del libro, è tempo ben investito. Ed è importante leggere con loro perché quello che si crea leggendo insieme è un legame empatico che rafforza il loro amore per la lettura e la nostra presenza costituisce un ponte tra i bambini e le emozioni scaturite dalla lettura del libro.
L’amore per l’ascolto e per la lettura si alimenta grazie a momenti lenti in cui si sceglie di leggere insieme ai bambini; si coltiva frequentando le biblioteche e le librerie; si tiene vivo giocando con le parole attraverso le filastrocche o regalando libri a dispetto di giochi elettronici che prima o poi si scaricheranno. Un libro non finisce mai la sua energia. Anzi, ne regala!
Quanto ti arricchisce il rapporto con questi bimbi e quanto poi, ritroviamo di questo rapporto, in quello che scrivi? Essendo anch’io insegnante penso che è molto più quello che riceviamo da loro rispetto a quello che diamo. Concordi?
Come non essere d’accordo con queste tue parole! Il lavoro di un’educatrice come me o di un insegnante come te non riuscirà mai a restituire ai bambini tutto quello che loro trasmettono e insegnano a noi. Molti, in modo istintivo, saranno portati a pensare che sia per la loro spontaneità disarmante. Certo, lo è. Ma non è solo questo. Si tratta, principalmente, di una questione di punto di vista. Il mondo, alla loro altezza, è amplificato e privo di barriere. E poterlo osservare insieme a loro e attraverso di loro è un privilegio e un valore aggiunto alla mia vita.
Ma quello che mi insegnano, più di tutto, è la capacità di meravigliarmi. Vivere insieme ai bambini è stupirsi, è recuperare la meraviglia che abbiamo perso crescendo, è trattenerla il più possibile nelle cose che facciamo e vediamo ogni giorno, senza lasciarsi assuefare dalle abitudini e farsi consumare dalla fretta. La fretta è la nemica della meraviglia, come ci si può accorgere del “sorprendente” quando si va di fretta? È impossibile. Con i bambini, a poco a poco, si notano cose nuove, che avevamo dimenticato o date per scontato. Si recupera il tempo lento, il gesto assaporato, il “qui e ora”. Il bambino non è proiettato verso il futuro, tutto il suo essere impegna le sue energie sul presente, su quello che c’è ora. E questa mi sembra una ricchezza inestimabile perché ogni giorno è un regalo della vita ed averne la consapevolezza è il segreto per non sprecare neanche un momento.
Formare dei bambini con i princìpi della non violenza e dell’amore per i propri simili penso che sia una cosa fantastica e in questo noi insegnanti abbiamo una grande responsabilità. Abituarli al bello e al giusto è un nostro preciso dovere e tu lo fai anche attraverso la letteratura. E per questo mi complimento con te.
Ti ringrazio tanto, Luciano, per questo complimento che mette in luce un aspetto fondamentale della mia vita, probabilmente quello che faccio con più amore: educare al bello, alla non violenza, al rispetto, all’ascolto. Chiaramente in primis lo faccio con il mio agire, con il mio modo di comportarmi perché noi tutti, per il solo fatto di esseri umani, siamo “maestri” di fronte agli occhi dei bambini, che osservano e imitano i nostri gesti, anche inconsapevolmente. Quindi l’esempio è la prima forma di insegnamento: in educazione, soprattutto, bisogna “ESSERE” una professione, non “fare” una professione. In questa frase mi rispecchio completamente.
Poi, a rafforzare il mio agire quotidiano, vengono in aiuto le storie, la letteratura: quante cose possono insegnarci le storie? Quante suggestioni, quante emozioni, quanta immaginazione? Con un libro in mano la vita si amplifica la vita e si combatte la barbarie sociale e culturale che sta infestando questo nostro tempo. Perché la letteratura è educazione al bello, è attività ricreativa, ma non solo: ci fornisce strumenti preziosi per imparare a dialogare, ovvero il linguaggio, l’empatia e la conoscenza. E il dialogo, si sa, è il primo passo per costruire la pace e contrastare l’incitamento all’odio al quale stiamo sempre di più assistendo, soprattutto con l’avvento dei social media di questi ultimi anni in cui si critica e si punto il dito senza esporsi direttamente, ma attraverso uno schermo.
Ci puoi gentilmente parlare della raccolta “Umane traiettorie” con la quale hai ottenuto diversi riconoscimenti e, recentemente, vinto il Premio letterario internazionale Ovidio? Chi sono i protagonisti di questi diciassette racconti e qual è il filo che li unisce o rende diversi tra di loro?
Ve lo racconto con immenso piacere. “Umane traiettorie” è il mio libro d’esordio e ne parlo sempre con emozione. Perché il mio percorso di scrittrice sta fortunatamente crescendo, ma tutto è partito da lì e quindi sono molto grata a questo mio primo lavoro. Come hai giustamente detto, si tratta di una raccolta di diciassette racconti che indaga la natura umana in tutta la sua complessità, ricchezza e contraddittorietà. Durante la scrittura di questi racconti, avvenuta all’incirca in due anni, mi sono concentrata sull’essere umano, questo prisma indefinito, mutevole e ricco di sfumature che non si finisce mai di conoscere e che da sempre mi affascina (non a caso, ho studiato molta psicologia e da ragazzina sognavo di diventare una psicologa). Ne sono nati molti personaggi che mi hanno accompagnato per mesi e mesi e che poi sono diventati i protagonisti dei racconti. Impossibile citarli tutti e impossibile riassumerli qui, ma mi piace darvi la misura delle loro storie dicendovi che si tratta di persone imperfette, le cui vite si snodano tra passi falsi, sbagli, cadute, ma anche rinascite e nuove consapevolezze. Sono storie di vita vera, che a volte scotta e induce a una riflessione sulle tante identità che ci abitano, su quante cose siamo in uno stesso corpo, in uno stesso momento, sulle infinite possibilità che si aprono ogni giorno di fronte a noi. Una lettrice ha definito questo lavoro “un’archeologia emotiva” perché i racconti scavano profondamente nella psicologia dei personaggi, tanto da sentire i loro pensieri, le paure, le passioni e tutto ciò che li muove all’interno della narrazione. Ma, accanto all’accurato lavoro di introspezione sui personaggi, vanno a svilupparsi delle tematiche sociali che fanno da sfondo tematico alle storie: il femminicidio, la violenza domestica, l’emergenza climatica e ambientale, la malattia, il lutto, l’emarginazione sociale, l’autismo, la detenzione, l’omosessualità, i cervelli in fuga, il rapporto genitori-figli, le minoranze sociali e una particolare attenzione al punto di vista degli anziani e dei bambini. Questi sono solo alcuni dei temi che si intrecciano dentro “Umane traiettorie”, rendendolo un vero caleidoscopio di vite e di identità, in cui luci e ombre si alternano con la stessa potenza ed è facile “ritrovarsi” nella storia, nelle vicissitudini dei protagonisti. È un viaggio per conoscersi e per conoscere il mondo, dentro e intorno a noi e ampliare il nostro “patrimonio genetico di storie”. Perché siamo tutti fatti di storie e di umane traiettorie.
Quanto può essere complicato intraprendere un percorso dentro di sé e oltre di sé e dove può condurre?
Sinceramente? Per me sarebbe complicato il contrario. Non riesco a fare una vita in superficie, non riesco a non andare alla radice delle cose, o almeno a provarci. È sempre stato così, fin da ragazzina. Quello che non è facile, a volte, è fare i conti con quello che si trova scavando dentro sé stessi, per cui si può arrivare al vivo delle cose e poi non affrontarle. L’essere umano è abile a mascherare o dissimulare. Ma la lettura e la scrittura aiutano a vedersi con chiarezza, spostano la nebbia e abbattono le resistenze a colpi di parole. I miei racconti lo hanno fatto con me, prima di tutto, ma anche con chi li ha letti lasciandosi trasportare. Perché sono una palestra emotiva, un esercizio di ascolto se si ha la volontà di entrare in connessione con le storie, con i personaggi e con quello che tutto ciò smuove dentro di noi.
Le storie, tutte le storie, sono uno specchio verso l’interno. E guardarsi dentro può farci reagire, può condurre al movimento, a spostarsi dal punto in cui siamo. E questo primo passo, come in ogni viaggio, è quello più importante. Può essere l’inizio di una piccola o grande rivoluzione personale.
Il 2 dicembre 2023, in collaborazione con un altro scrittore, Eugenio Fallarino, è uscita la tua seconda raccolta di racconti “Controcanto di Natale”. Come nasce questo vostro lavoro? Ci parli del libro e della sua splendida copertina?
Non ci crederai, ma “Controcanto di Natale” è nato in meno di due mesi. Un giorno di inizio ottobre, mi scrive il mio editore (Emilio Manzotti, fondatore della BookTribu), proponendomi di uscire con qualcosa di nuovo in vista del Natale. Io dico subito che non si può fare, non in così poco tempo, di pronto avevo solo qualche racconto, una cinquantina di pagine scritte. Ma a quel punto Emilio ha una buonissima idea e decide di proporre ad Eugenio un lavoro a quattro mani. Eugenio accetta! Così, a velocità spedita, parte l’avventura di Controcanto di Natale. Eugenio è un tutor di scrittura per la prestigiosa scuola Bottega Finzioni di Bologna, nonché editor esperto. Lavorare insieme a lui per me è stato un grandissimo privilegio e un arricchimento personale e professionale perché ogni scambio con Eugenio può diventare una piccola lezione di scrittura. Il libro è andato quindi formandosi di racconto in racconto: io mandavo a lui i miei, lui mandava a me i suoi ed è qui che è nata l’idea del controcanto perché spesso ci rendevamo conto di aver affrontato gli stessi temi all’interno dei nostri racconti, ma con stili e punti di vista molto differenti. Questo fatto ha rappresentato una bella sfida compositiva e ha portato alla realizzazione di un’antologia che qualcuno ha definito come “una variazione sul tema”, un “concept album” perché ci sono frequenti rimandi e collegamenti tra i racconti miei e quelli di Eugenio e una corrispondenza di argomenti che costituisce il file rouge della raccolta. Per dare qualche accenno alle tematiche: si parla di maternità e di morte, in chiave drammatica ma anche ironica; si fantastica su un Italia del futuro con un viaggio attraverso i capoluoghi delle regioni italiane che ricorda “Le città invisibili” di Calvino; si incontrano racconti brevissimi, che in una paginetta trasportano il lettore in mondi diversi e strizzano l’occhio a chi ha poco tempo da dedicare alla lettura; e, chiaramente, non può mancare il richiamo al Natale con il capitolo conclusivo dedicato all’Epistolario di Babbo Natale. Qui sono raccolte finte lettere spedite a Babbo Natale scritte da perturbanti e inconsueti personaggi con stili diversi e, a volte, linguaggi sperimentali.
La splendida copertina, nata grazie al geniale progetto grafico di Fabio Iamartino, è un fantasioso richiamo al sottotitolo: reggersi agli appositi sostegni che, in principio, doveva dare il nome al libro… ma poi la scelta è ricaduta su un titolo decisamente più natalizio!
Molti lettori a Natale sono saliti sulla slitta insieme a noi, ma vista la varietà dei temi che si affrontano, “Controcanto di Natale” può sorprendere e divertire in tutti i mesi dell’anno, non soltanto a Natale!
Oltre alla scrittura quali sono le tue altre passioni? Ti immagino come una persona curiosa e piena di vitalità. Mi sbaglio?
No, non sbagli affatto! Sono ingorda di vita, una ne penso e cento ne faccio! Sono stata una bambina estremamente curiosa e questa caratteristica mi contraddistingue ancora oggi. Per soddisfare e alimentare la mia curiosità porto avanti quelle che sono le mie più grandi passioni: la lettura, il cinema, il teatro, la musica e il viaggio. Viaggiare è il mio modo preferito di stare al mondo, conoscere nuovi popoli e nuove culture, immergermi nei luoghi, lasciarmi trasportare da ciò che non conosco e abbattere le barriere, senza pregiudizi e generalizzazioni. La scrittura in questi ultimi due anni mi ha permesso di viaggiare molto, andare incontro a nuove persone e mettere in pratica ciò che affermo sempre: la scrittura è relazione perché mette in relazione.
I libri, il cinema, il teatro, la musica sono finestre su mondi che altrimenti sarebbero irraggiungibili, senza la magia di queste arti. Da ragazza le giornate in biblioteca, le stagioni teatrali e gli abbonamenti al cinema erano pane quotidiano, ora è molto più difficile trovare del tempo da dedicare a tutto questo: allora ero una giovane universitaria, ora sono una mamma lavoratrice che si districa tra mille impegni. Ma non perdo occasione per tornare a teatro, al cinema o in biblioteca con i miei bambini, ai quali spero di trasmettere il fascino senza tempo di questi luoghi e tutto il sapere che custodiscono.
Un’altra cosa che adoro fare è cantare e sogno ancora, come facevo da bambina, di poter frequentare una scuola di canto per coltivare questa mia passione. Non è mai troppo tardi, vero?
Una mia grande passione – che è diventata uno stile di vita – è la campagna, stare all’aria aperta. Essendo cresciuta in un quartiere di cemento, per tutta la vita ho ricercato il contatto con la natura. Oggi ho la fortuna di vivere in campagna – tra l’altro in uno dei luoghi più belli del mondo, le colline senesi – e la cosa che mi rimette al mondo, quando torno dal lavoro, è indossare le scarpe da ginnastica e correre nel verde della mia campagna, per riconnettermi con la mia voce interiore e con le energie della terra. Sono fatta di terra, ma anche di mare. Il mare è più di una passione per me, è respiro e linguaggio, è casa e mistero, scoperta e continua trasformazione. Ogni volta che ho qualche ora libera, corro al mare. In qualsiasi stagione. D’estate cerco di passarci più tempo possibile perché è una fonte di felicità e benessere a lento rilascio per tutto l’anno. Ringrazio le mie origini per aver fuso il mio patrimonio genetico con quello di un luogo per me speciale, la Sardegna, isola che io considero “madre” (mio padre è sardo, nato a pochi metri da un mare ancora oggi incontaminato e lontano dal turismo di massa) e di cui porto i colori e i profumi in giro per il mondo insieme a me.
La domanda sui progetti futuri è quasi d’obbligo…
Questa domanda mi fa sorridere perché, casualmente, arriva proprio dopo aver parlato di Sardegna. Ma forse non è un caso. Questo perché il mio progetto futuro più ambizioso è la scrittura di un romanzo, come ho accennato poco fa, che è ambientato in Sardegna e – attraverso l’evoluzione di una famiglia – ne ripercorre gli usi e costumi a partire dagli anni Cinquanta fino ad oggi, sullo sfondo di un conflitto generazionale. Il romanzo è in costruzione proprio in questo momento, ogni giorno perfeziono la scaletta, vado avanti, torno indietro. Sarà un lungo viaggio, di cui voglio assaporare ogni momento e curare ogni minimo dettaglio. Scrivere di una cosa che amo così tanto mi porta a tirare fuori il meglio di me e a non affrettare mai il passo. È una storia che ho in mente da molto tempo e mi prenderò tutto il tempo necessario per portarla a termine. Intanto, continuo a scrivere racconti, sia per adulti che per bambini, sostenuta dalla mia casa editrice per quanto riguarda la narrativa per adulti e in collaborazione con ICWA (Italian Children’s Writers Association) per quel che concerne le storie per i più piccoli. Nei prossimi mesi andrò avanti con gli incontri nelle scuole per proporre letture ad alta voce e laboratori di scrittura creativa, che amo molto fare; proseguiranno le presentazioni dei miei libri, la prossima tappa sarà Telese Terme (provincia di Benevento) il 24 febbraio e poi tante altre date in primavera, comprese diverse fiere del libro.
E sempre in primavera, molto probabilmente, uscirà un libro destinato ai più piccoli su cui sto lavorando dall’anno scorso, che coniuga tre mie grandi passioni: la scrittura per bambini, il viaggio e la storia dell’arte. Non vedo l’ora di poter dire qualcosa di più… intanto incrocio le dita e accolgo con il sorriso tutto quello che verrà: ogni idea, ogni incontro, ogni parola attesa o inaspettata.
Ringrazio di cuore Luisa Patta per la sua disponibilità e Alessandra Prospero che avuto la gentilezza di ospitarci su Poesia Femminile Singolare.
Io ringrazio tanto te, Luciano, per questa splendida intervista, per l’ascolto e le preziose riflessioni suggerite dalle tue domande. Allo stesso modo, ringrazio Alessandra Prospero per aver accolto le mie parole nel suo prezioso spazio culturale “Poesia Femminile singolare”. Buona vita a tutte e tutti!