“L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio

L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio

Libro vincitore del Premio Strega 2024
Libro vincitore del Premio Strega Giovani 2024

Proposto da Vittorio Lingiardi nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «L’età fragile non è un’età della vita, è la vita stessa. La memoria che non può nascondere il dolore, la solitudine dopo la separazione, la colpa per la sopravvivenza. La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura. “L’età fragile” è la storia di una famiglia sospesa nel segreto del trauma, parole mai dette rinchiuse nel cuore di una montagna d’Abruzzo che è insieme psiche e paesaggio. “L’età fragile” è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite. Per questo è il mio candidato al Premio Strega.»

Donatella Di Pietrantonio con una scrittura scabra, profonda tanto da far vibrare il cuore di chi legge, induce a confrontarsi col proprio io interiore cercando un posto nell’esistenza quotidiana che richiami sentimenti e sapori della propria terra e del proprio tempo. Attraverso il racconto di fatti che si dipanano tra passato e presente la scrittrice conduce il lettore nella storia e lo rende protagonista portandolo a cercare la propria “età fragile”. Non c’è un tempo preciso per definirlo “età fragile” in quanto la fragilità emerge nell’età adolescenziale quando ci si rende conto che il corpo sta cambiando e si sta entrando in un mondo sconosciuto – che in quanto tale da una parte affascina e dall’altra mette paura-, ma emerge anche quando si è nella piena giovinezza e si coltivano ideali e sogni che sembrano difficili da realizzare sebbene siano desiderabili, intriganti e suggestivi.

Nel romanzo inizialmente sembra che l’età fragile appartenga soltanto ad Amanda, la figlia di Lucia, il personaggio narrante, in quanto si tratta di una giovane universitaria che improvvisamente decide di lasciare la grande Milano per rifugiarsi nel cuore dell’Abruzzo, il paese di montagna dal quale anni prima è fuggita in cerca di emozioni nuove e allettanti prospettive di vita. Appare fragile in quanto si chiude nel suo guscio fatto di silenzi, lunghi sonni che più che ristorare sembrano voler cancellare qualche segreto doloroso che preme nel petto e non vuole essere condiviso neppure con sua madre.

Eccola sua madre Lucia che finalmente ha di nuovo accanto la figlia che negli anni universitari ha visto poco e con la quale non sempre è riuscita a condividere emozioni e racconti di vita vissuta, vorrebbe riallacciare un dialogo interrotto invece timidamente si trova a bussare alla porta del suo muro di silenzio ricevendo anche risposte scostanti, dure e arroganti. E qui viene fuori la sua fragilità di madre che si mette in discussione come donna e come mamma, brancola tra ricordi e fatti concreti. Ha un peso sul cuore che sente di dover condividere con la figlia. Non può più tacere, Amanda deve sapere che lei, Lucia, trent’anni addietro si è salvata per caso da un’aggressione che avrebbe potuto portarla alla morte. Lì, nei suoi monti dell’Appennino, in località Dente del Lupo, è accaduto un fatto che ha scosso tutta la popolazione del luogo.

“Quella notte al Dente del lupo c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più”.

Ma lei, Lucia, c’era. Era stata al mare a Pescara quel giorno e non si era unita alle tre ragazze, poi a sera aveva saputo e si era unita al gruppo di ricerche tra paura e angoscia trepidante.

Verità sconvolgenti l’avevano poi travolta rendendola fragile nel suo tempo della giovinezza e forte al tempo stesso tanto da opporsi alla volontà del padre che la voleva accanto a sé sui monti e iniziando il proprio percorso di studi. Ci aveva provato a lasciare il paese, ma poi era tornata e aveva messo su famiglia, per ritrovarsi ora nel confronto con la figlia Amanda nuovamente fragile nel tentativo di rompere il muro di silenzio che si era creato fra loro. Intanto ecco che emerge nuovamente la figura di suo padre, quel padre autoritario e burbero che ha segnato la sua giovinezza e che ora invece trova il modo di essere un collante fra madre e figlia, pur nella sua inaspettata fragilità di uomo anziano.

Ferite che si rimarginano, ricordi che emergono cruenti e dolorosi, figure che si ritrovano, sentimenti che si rinnovano, il tutto in un romanzo che affascina, intriga, pone domande e abbraccia con un calore insolito, quello che solo la terra natia e le persone che ci vogliono bene possono dare.

Un messaggio per tutti: “L’età fragile” è parte dell’esistenza umana, non bisogna averne paura, ma è necessario viverla con coraggio, determinazione, senza sensi di colpa, consapevolmente, con le proprie debolezze e senza giudicare né sé stessi né gli altri. Come? Vivendo, camminando, sbucciandosi le ginocchia, cadendo, rialzandosi mantenendo alto l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco.

Donatella Di Pietrantonio vive e lavora a Penne, in Abruzzo. Con L’Arminuta, 2017, tradotto in più di 30 Paesi) ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Campielli, il Premio Napoli e il Premio Alassi. Per Einaudi ha pubblicato anche Mia madre è un fiume (prima edizione Elliot 2011), con cui ha vinto il Premio Tropea, Bella Mia (prima edizione Elliot 2014), con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati, e Borgo Sud (2020) finalista al Premio Strega 2021. Per la sceneggiatura del film L’Arminuta di Giuseppe Bonito ha vinto il David di Donatello insieme a Monica Zappelli.

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