Ieri sera, presso l’auditorium del Parco della Musica a Roma, si è tenuta una delle tappe del “DE ANDRÉ #De André Best of live tour” di Cristiano De André.
Nel suo concerto il cantautore ha ripercorso i vari album del mai dimenticato Fabrizio, dalle Nuvole, a L’Indiano, alla Buona Novella, a Anime salve, a Storia di un impiegato, a Non al denaro, non all’amore, né al cielo, a Creuza de mä, in un crescendo di emozioni che, come riflessi in una stanza degli specchi, rimbalzavano e si rincorrevano dal palco al pubblico e viceversa, come se Eco in persona risuonasse non di parole, ma di sentimenti.
Non è facile per chi scrive descrivere il pathos che spesso si concretizzava in lacrime che, impertinenti, si affacciavano al ciglio, non solo il suo, ma anche degli altri spettatori. Non si può descrivere la maestria con cui si è espresso con ben cinque diversi strumenti, riempiendo, a volte, tutto lo spazio circostante e il cuore del suo pubblico, con il solo arpeggio di una chitarra; non si può descrivere l’energia che ha vibrato potente nella voce di Cristiano e nei nuovi arrangiamenti, da lui stesso curati, delle canzoni in scaletta, così come non si può raccontare l’amore di un figlio nei confronti di un padre che nelle sue canzoni ha lasciato un testamento spirituale di amore e compassione verso gli ultimi e di veemente protesta contro ogni forma di sopraffazione e violenza. E anche C. – come si firma sempre lui – ha lanciato uno STOP contro ogni guerra, facendo un chiaro riferimento alla nostra drammatica attualità. Non si può tacere e restare indifferenti perché anche se noi ci crediamo assolti siamo lo stesso, per sempre coinvolti!
Un concerto di De André – quale che sia dei due – non ci lascia come ci ha trovati: ci scuote, ci interroga, ci mette in crisi e ci richiama al senso di responsabilità nei confronti di ogni essere umano, ci coinvolge e ci trasforma e, nello stesso tempo, ci dona la leggerezza dei fiori che, pur nati dal letame, diffondono profumo e bellezza. E, se sapremo viaggiare in direzione ostinata e contraria, diventeremo noi stessi goccia di splendore, di umanità e di verità.
Cristiano De André ha fatto centro: ha saputo reggere il confronto con un padre da lui stesso definito un genio, con quel gigante che sentiva dietro le spalle ogni volta che saliva su un palco, con tutti quei “Eh, ma non è Fabrizio”… no, non lo è e non deve esserlo: lui è Cristiano, un uomo, un artista che ben conosce i suoi limiti e che da tempo ha rinunciato ad essere un diamante per regalarci perle di bravura, di talento e di umiltà e di sicuro il buon Fabrizio ora, ovunque si trovi, con quel suo sorriso sornione e avvolgente, sta dicendo: «Belin, C., sei più bravo di me.»
E adesso aspetterò domani per avere nostalgia… e per noi “domani”, caro Cristiano, è iniziato già ieri sera alle 23.30, quando, dopo il tuo profondo inchino al pubblico, le luci del palco si sono spente e ti abbiamo visto andare via dietro le quinte: e quella nostalgia resterà in noi fino al prossimo concerto in cui potremo di nuovo ascoltarti e applaudirti.
Foto di Roberta Placida